Vox lux (2018) USA di Brady Corbet
Sopravvissuta a una sparatoria avvenuta nella sua scuola, la tredicenne Celeste elabora lo shock subito con la musica, diventando una stella del pop. La sua carriera, tuttavia, viene minacciata da uno scandalo e problemi personali.
Corbet racconta l’America delle stragi scolastiche, del post 11 settembre, inscenando un film pop fotografato con colori vivi e caldi, diviso in capitoli distinti. Nel primo viene mostrata il massacro compiuto da uno studente problematico che creerà i presupposti per la nascita della popstar.
Il passaggio nel mondo della musica segna l’immediata fine dell’innocenza. La ragazza acqua e sapone cade subito nel vortice della fama, si perde nella scoperta del mondo esterno, fatto di sesso, sudore e dipendenze. Questa è la genesi (il titolo dello stesso capitolo del film peraltro) che si collega alla rinascita del capitolo finale, ovvero il ritorno sulle scene di Celeste che coincide, manco a farlo apposta con un altro tragico episodio di terrorismo che, sia pure indirettamente, richiama la sua persona.
Natalie Portman da volto a Celeste adulta, tratteggiandola in modo estremo, dandole un cotè volgare che è l’esatto opposto della ragazza conosciuta all’inizio dell’opera.
La storia si diparte in due, diventando un’allegoria esplicita del mondo attuale, fatto di gossip e violenza, attraversando la cultura pop di massa e proponendosi sotto forma di melodramma centrato più su temi intimi e familiari che macroregionali.
Il finale è un vero e proprio videoclip con la lunga sequenza del concerto sul ritmo delle canzoni scritte dalla cantautrice australiana Sia. Il risultato è disomogeneo stretto tra un inizio particolarmente riuscito e folgorante ed una seconda parte confusa, tra un ritmo iniziale disteso e grave rispetto all’ipercinetico movimento della seconda parte. Bravi tutti gli attori.
