Volto di donna (1941) USA di George Cukor
George Cukor era definito il regista delle donne. Non si smentisce neppure qua illuminando Joan Crawford al meglio, nonostante la presenti per la prima parte sfregiata, deturpata al volto da una bruttissima ustione. Lei è, infatti, Anna, rovinata da piccola dal padre ubriacone e cresciuta con il cuore indurito, senza neppure la minima speranza di essere amata. Così è divenuta una ricattatrice, guidando una gang composta da personaggi squallidi ma descritti con i toni della commedia. Il primo uomo che la sfiora, il cattivissimo Barring, conquista il suo cuore. Quando scopre che un’operazione può restituirle la bellezza non ci crede, ma il dotto Segert la convince cambiandole la vita. Una volta guarita, Anna torna dall’uomo che ama che la convince ad un piano mostruoso: uccidere il piccolo nipote per ereditare la ricchezza dello zio. Anna diventa la governante del piccolo, ma l’amore verso il bambino (un amore che non sapeva di poter provare) la spinge a contrastare il piano di Barring. Intanto, il dottor Segert ha fatto breccia nel suo cuore.
Melodramma interessante nella prima parte, ricca di annotazioni, grazie alla regia delicata di Cukor che fa leggere allo spettatore i sentimenti della donna avvolgendola in un contesto pessimo. Il bambino, erede di una grande fortuna, è decisamente insopportabile tanto che si rischia di fare il tifo per Barring, interpretato da un ottimo Conrad Veidt, luciferino nella sua essenza. L’inizio gioca a sovvertire i ruoli tipici della famiglia americana. Il marito è fedele e buono ma tanto cornuto da non accorgersi dei tradimenti della moglie. La protagonista è cattiva nella forma ma buona nel contenuto.
Dal momento che la scena si sposta nella casa del ricco zio, entra in campo lo stereotipo e il film perde decisamente interesse.