Un altro Ferragosto

Il nostro parere

Un altro Ferragosto (2024) ITA di Paolo Virzì


Ventotto anni dopo la loro estate insieme, i Molino e i Mazzalupi tornano a Ventotene. Sandro è ormai in fin di vita e il figlio Altiero, imprenditore digitale, decide di invitare gli amici del padre per un’ultima estate insieme.


Un altro Ferragosto è un omaggio alla memoria di Ennio, Piero, Oumar, Evelina e Mario, ovvero Ennio Fantastichini, Piero Natoli, Oumar Ba, Evelina Gori e Mario Scarpetta. Tutti loro hanno partecipato a Ferie d’agosto e ora vivono solo nell’eternità della pellicola, che li mantiene giovani e vitali, congelando il tempo. Un tempo distorto, come quello che occasionalmente vive Sandro Molino, il leader di ciò che rimane della sinistra italiana. Molino sta morendo, colpito da una malattia incurabile che compromette le sue facoltà cognitive, eppure sembra ancora incredibilmente lucido tra i ciottoli dipinti per i turisti, vedendo in Ventotene non una meta turistica, ma un parco della memoria antifascista.

Dopo quasi trent’anni, i Molino e i Mazzalupi ritornano a Ventotene, accompagnati da Paolo Virzì e Francesco Bruni, che non collaboravano da un decennio. Si ritrovano a confrontarsi con i fantasmi del loro passato, sia umani che cinematografici, in un mondo che non esiste più e forse non esisterà mai più. “È una strage,” commenta incredula Paola Tiziana Cruciani/Luciana Mazzalupi quando i figli le ricordano che anche suo cognato Marcello è morto, come il marito Ruggero. E questa è anche la strage che sta colpendo progressivamente la cultura cinematografica italiana, inevitabilmente.

Trent’anni fa, Ferie d’agosto poteva ancora muoversi agevolmente nel campo della commedia all’italiana, ma oggi sembra che il pubblico non sia preparato per Un altro Ferragosto, poiché la malinconia del primo film è diventata disperazione, senza speranza. I Molino hanno perso l’utopia, ormai logora, e Molino va incontro alla morte pensando a un passato che non si è realizzato come doveva. Virzì e Bruni, con l’aiuto del fratello di Virzì, Carlo, creano un film che alterna battute e momenti oscuri, mostrando un’umanità che non cambia davvero.

Il conflitto tra Molino e Mazzalupi ritorna, ma oggi è la memoria di ciò che Ventotene avrebbe dovuto rappresentare a creare un divario tra le parti. Un manifesto ideale mai realizzato separa due gruppi umani disperati e soli, con figli che non parlano con i padri e amori che non sanno più riconoscersi. L’apertura del film con un movimento di macchina dal mare verso Ventotene, accompagnato da un remix delle battute di Ferie d’agosto, indica che questo film è una versione remixata del primo, cercando di accompagnare i personaggi attraverso la notte senza che se ne rendano conto.

L’impressione è che questo Ferragosto possa essere l’ultimo, e se il film del 1996 era un coming-of-age, oggi si può solo accettare la vita per quella che è, senza illusioni. Non c’è più spazio per i desideri intimi dei personaggi di Ferie d’agosto, e Virzì mostra una dose di brutalità nel montaggio, eliminando alcuni personaggi per sottolineare la mancanza di lirismo in un Paese che da trent’anni non capisce più niente. Nel confronto estivo tra Mazzalupi e Molino manca la dialettica, perché l’era dei social ha distrutto anche questo, lasciando solo posizioni indifendibili. Il fascismo è diventato un’abitudine in un mondo neo-barbarico che Un altro Ferragosto descrive come un incubo da cui non sembra esserci risveglio. Si ride nella prima ora del film, ma poi subentra la malinconia, il senso di sconfitta e la disperazione per una vita vissuta che ora arriva alla fine. Non c’è più una guerra partigiana ad attendere chi esce dal confino, solo la quotidianità. E allora non resta che desiderare il mare, un orizzonte di mondi non più da scoprire e che forse non si raggiungeranno mai.

Nell’autunno del 1995, il regista toscano si era recato a Ventotene per girare il suo secondo lungometraggio, Ferie d’agosto. Uscito nel 1996, il film fu salutato come un evento, un piccolo capolavoro che catturava straordinariamente l’Italia dell’epoca, nettamente divisa in due campi opposti, così come le due famiglie, una di destra e una di sinistra, che si contrapponevano. Le elezioni politiche del 21 aprile 1996 e l’entrata in carica del primo governo Prodi sancirono una netta cesura politica nella storia del nostro travagliato paese.

Nell’estate del 2023, Paolo Virzì, con i suoi sceneggiatori Carlo e Francesco Bruni, decide di realizzare il sequel: Un altro Ferragosto. Raduna gran parte del cast del film precedente, sostituendo Ennio Fantastichini e Piero Natoli con Vinicio Marchioni e Christian De Sica. Si aggiungono nuovi personaggi, tra cui il figlio di Molino, Altiero, diventato un imprenditore digitale. Altiero organizza per il padre malato quella che sembra essere l’ultima vacanza a Ventotene. Dall’altro lato, si raduna per un matrimonio la famiglia di destra, con Sabrina, influencer nel ramo manicure, che sta per sposare il tatuato Cesare.

Le due Italie si rincontrano e si scontrano sull’isola, dando vita a numerose sottostorie durante le due ore abbondanti del film. Ma ciò che resta di Un altro Ferragosto è una gran confusione. La trama è intricata e i personaggi sono delineati con tratti grossolani. Il tono del film è funebre-pessimista, con la sinistra dipinta come una banda di vecchi rincoglioniti o fessacchiotti e la destra anche peggio. Nella polarizzazione degli schieramenti, nessuno si salva, e il film sembra arrestarsi davanti a qualunque tentativo di approfondire le cause di questa situazione.

 

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