The dressmaker (2015) AUS di Jocelyn Moorhouse
Tilly ritorna a Dungatan, piccolo e sperduto paese australiano, dopo tanti anni. Accusata da bambina di essere colpevole di un omicidio di un coetaneo, era stata allontanata. Diventata adulta si è affermata nel campo della moda. Ha deciso di tornare per capire chi ha davvero ucciso. Non ha mai avuto un padre e la madre, instabile mentalmente, vive nella sporcizia. In tanti anni il paese è rimasto uguale: l’ipocrisia, la violenza verbale, il classismo becero e l’ignoranza dominano. Tutti sono semplicemente odiosi, a partire dal sindaco, vendicativo e meschino. La bravura di Tilly, però, costringe tutte le donne del paese ad avvicinarsi a lei. I suoi vestiti sono incredibilmente belli e alla moda di Parigi. Nessuno, però, l’ha mai realmente perdonata.
Scritto dalla regista con PJ Hogan, il film è una commedia di ottimo livello, cattiva al punto giusto senza grandi concessioni al sentimentalismo, evitato con intelligenza anche quando il rischio era presente e forte. La scelta cromatica di caratterizzare con forti contrasti coloristici (le tinte calde degli abiti si contrappongono in modo forte al paesaggio monotono e brullo) risulta vincente e fornisce un cotè decorativo che rafforza ulteriormente la presenza di una recitazione enfatica e sopra le righe. I toni farseschi, infatti, vengono esaltati dalle paradossali sfilate per la via del piccolo borgo, mantenendo l’impianto semifiabesco.
Esemplare il lavoro degli attori tra cui è difficile trovare il migliore. Hugo Weawing è il più visibile ma il suo era anche il ruolo più esposto, gigionesco. Davvero notevole Kate Winslet, ma non scherza neppure Judy Davis.