Quello che non so di lei (2017) FRA di Roman Polanski
Dopo l’uscita del suo ultimo romanzo, una scrittrice attraversa un periodo molto difficile della propria vita personale. Inoltre deve confrontarsi con un’ammiratrice che è ossessionata dalle sue opere.
Il grande capolavoro è alle spalle, ma Polanski gioca ancora con le stesse tematiche, divertendosi in un esercizio di stile che ricorda inevitabilmente precedenti opere come L’inquilino del terzo piano o, più recentemente, Venere in pelliccia. L’impianto teatrale mostra ancora un pas a deux, dove gli altri elementi diventano marginali rispetto al “thriller” da camera che mette in scena.
La sceneggiatura firmata con Olivier Assayas (ricordate Irma Vep?) richiam i temi dell’ossessione/possessione dell’anima, con i fantasmi della creazione artistica, il rapporto tra carnefice e vittima, l’impossibile distinzione tra realtà e finzione ma è il cotè fantastico, surrealee gotico ad incidere maggiormente sulla trama.
Il film è tratto infatti dal libro Da una storia vera scritto da Delphine de Vigan ma Polanski fa proprio il climax per piegarlo ai suoi personali demoni. Se la cifra stilistica è indubbia e la rappresentazione è sontuosa e sulfurea, l’atmosfera non è sufficiente da sola per sfuggire ad una ambiguità di fondo irrisolta della scrittura. La mancanza di equilibrio tra il versante noir e l’apparato allucinatorio toglie forza persuasiva allo spirito complessivo dell’opera.