Profeti (2023) ITA di Alessio Cremonini
Sara, una giornalista italiana rapita dall’Isis durante un reportage di guerra in Siria, si confronta con Nur, giovane moglie di un miliziano del Califfato che la tiene prigioniera nella sua casa costruita in un campo di addestramento.
La storia di estrema attualità, nonostante l’Isis non sia più il nemico numero uno, ripropone lo scontro di civiltà e religione attraverso un evento limite che costringe lo spettatore a vivere l’esperienza da reclusa della protagonista, in un’opera per certi aspetti claustrofobica. Simbolicamente siamo all’oscuro di quanto accade, abbiamo solo la possibilità di ascoltare quanto ci viene detto per comprendere ciò che accade, distinguere, come dice Nur, la propaganda e l’informazione.
L’esperienza della prigionia ritorna nel cinema di Cremonini come determinante per svelare l’essere umano, per metterlo nella condizione di ridiscutere tutto. Ma forse questo tutto è troppo. Se si può apprezzare la scelta antiretorica dei dialoghi, del taglio narrativo, sembra mancare una parte di emozione che dovrebbe accompagnare una storia di questo tipo.