Pretty Woman (1990) USA di Garry Marshall
Dietro l’aspetto affascinante e una solida fama di rubacuori, Edward Lewis nasconde un’abilità straordinaria e senza scrupoli nel campo della finanza. La sua specialità è comprare aziende dissestate, risanarle e rivenderle a caro prezzo. Una sera, a Hollywood, conosce casualmente Vivian Ward, una prostituta sui generis.
Questa commedia felice ha fatto felice tre attori: Julia Roberts ha edificato il suo mito, Richard Gere ha dato una nuova dimensione alla sua carriera, Elizondo ha recitato il ruolo della sua vita in cui ha mostrato la sua versatilità e classe.
Marshall guida benissimo la vettura della commedia sentimentale con la prostituta più pudica della storia del cinema dai tempi di Cabiria. Il lieto fine è troppo Hollywood per essere vero però funziona con la carica di simpatia che la allora ventenne attrice sa dare alla sua Vivian.
Fin troppo facile riconoscere la rivisitazione di Cenerentola e individuare in Pigmalione un altro padre nobile della sceneggiatura così come è facile capire i motivi dell’enorme successo: buoni sentimenti a profusione, una falsa idea della nobiltà d’animo e l’unione tra la commedia e il glamour dell’ambientazione dato dall’ingresso di un miliardario nella vita di una poveraccia. Il mito sarebbe stato uguale se il principe azzurro fosse sceso da un furgone da idraulico piuttosto che da una macchina di grande lusso