Non bussare alla mia porta (2012) USA di Wim Wenders
Un attore al tramonto fugge dal set in cui è impegnato per cercare di ricostruire la sua vita. Ripercorrendo i passi della sua giovinezza, scopre casualmente di avere un figlio. Appena saputo, va alla sua ricerca venendo però a conoscenza di altri particolari del suo passato.
Wenders utilizza ancora una volta il road movie per narrare un personaggio ed il suo percorso di vita. Sono uomini devastati da tanti anni di impulsi autodistruttivi, da una serie ininterrotta di relazioni fallimentari, dall’incapacità di stabilire rapporti consolidati e stabili con gli altri esseri umani, uomini che hanno perso ogni conoscenza di sé, naufragati nell’inutilità. Improvvisamente, si accende una scintilla, vedono una luce in fondo al tunnel e la inseguono per scoprire realmente chi sono.
Il testo è scritto da Sam Shepard, anche attore protagonista. Il cast è nobile (Tim Roth, Jessica Lange, Sarah Polley, Eve Marie Saint), ma l’opera manca di intensità, rivela le crepe che negli ultimi anni tormentano Wenders, ancora capace di momenti significativi, ma creatore di storie stanche, immobili, poco interessanti. Anche lui, come il suo personaggio, ha smarrito la scintilla e continua a ripetere quello che conosce, in modo sempre più tenue.