Molly’s game (2017) USA di Aaron Sorkin
Da futura studentessa di giurisprudenza a Harvard a principessa del poker: la storia di una donna diventata la regina del gioco clandestino a Hollywood. Nel 2004, la giovane Molly Bloom, ex sciatrice olimpionica sbarca a Los Angeles in cerca di avventure prima di iniziare gli studi. Per guadagnarsi da vivere comincia a lavorare come semplice assistente di un organizzatore di partite clandestine di poker.
L’inizio della sceneggiatura è da manuale del cinema sotto la voce: come conquistare il pubblico in pochi secondi. La firma è di Aaron Sorkin, autore di West wing e Social Network, in pratica uno dei migliori scrittori di Hollywood. Per il suo esordio alla regia, avvenuto a 56 anni, ha scelto una storia esemplare di caduta e redenzione, ispirandosi ad un fatto vero.
Dopo il botto delle prime scene dove è doveroso alzarsi per una standing ovation, il film, pur restando sempre su ottimi livelli, non riesce ad essere sempre altrettanto efficace (parleremmo in quel caso di un capolavoro) per via del ritmo frenetico che talvolta impedisce di godere della recitazione e dell’atmosfera. Seguire la sequela di dati, di volti, di giocate immerge completamente nella mente del giocatore classico e fa penetrare nella psicologia del pokerista, ricostruendono l’ambiente naturale in cui si evolve e cresce.
Molly è, a suo modo, un eroina interessante, mai banale perchè ha una sua etica che la contraddistingue, Poteva essere assolta e con il suo patrimonio intatto se avesse rivelato particolari della vita delle star di hollywood. Ha preferito, invece, assumersi le responsabilità dell’atto, forse perchè sentiva di dover scontare delle colpe.
Proprio questo aspetto è la parte più interessante del film poichè introduce un elemento autopunitivo che si risolve solo nel dialogo finale con la contestata figura paterna, immagine speculare di Molly, da cui la donna cercava disperatamente di ottenere affetto.
Il movimento perenne degli attori (pur essendo tutti molto bravi) è persino eccessivo come se Sorkin cercasse di essere maggiormente a proprio agio per il prossimo Film. Ardite sono poi la strutture narrative che man mano si accentuano con passaggi coraggiosi tra presente e passato che avanzano contemporaneamente. Bella la colonna sonora di Pemberton.