Mississippi Burning (1992) USA di Alan Parker
Due agenti dell’FBI indagano sulla misteriosa scomparsa di tre attivisti del movimento per i diritti civili. I detective Anderson e Alan Word applicano differenti approcci al caso.
La vicenda è sconvolgente, ispirata a fatti realmente accaduti che racconta della difficilissima lotta per i diritti civili del popolo nero in America negli anni sessanta. L’intolleranza e il razzismo sono mostrati nella loro brutalità con uno stile duro e senza fronzoli, ritmo serrato, approfondimenti psicologici e sociali essenziali ma efficaci. Particolarmente riuscita la descrizione dell’ambiente da cui nascono i delitti, con un sottobosco omertoso che favorisce il fanatismo del Ku Klux Klan inducendo i neri alla rassegnazione e al silenzio acquiescente.
Parker si espone ad indagare le zone d’ombra non solo della cultura americana, ma dell’animo umano in generale, partendo dalle aberrazioni dell’esistenza e della coscienza cui sono costretti anche gli agenti che si trovano, ad un certo punto, obbligati a scegliere tra il rispetto assoluto della legge e le “forzature” che riescono finalmente a smuovere le acque stagnanti del terrore razziale.
La contrapposizione tra i due poliziotti (particolarmente bravo Gene Hackman) è la parte forte dell’opera. I loro dialoghi, lo scontro sulla visione del mondo, le diverse strade percorse per giungere alla giustizia rappresentano i dilemmi etici di fronte ad un omicidio così brutale ed insensato che non può non smuovere le coscienze. L’ambiguità politica, i compromessi conseguenti sono l’espressione di una società malata e retriva che può essere sconfitta solo con un gesto forte.