Madre (2016) USA di Darren Aronofsky
Un poeta in crisi creativa e sua moglie ospitano due personaggi inquietanti. Una serie di avvenimenti sempre più strani e conturbanti sconvolgeranno lei, incapace di comprendere cosa accade e perchè. In realtà la Lawrence è madre natura e tutto il simbolismo vuole rappresntarla attraverso riferimenti biblici.
Film estremo e surreale in cui la storia è un puro espediente narrativo per nascondere l’allegoria che ha ispirato il soggetto, è stato anche un fiasco commerciale notevole nonostante la presenza della diva del momento, Jennifer Lawrence. Le immagini ricercatissime si alternano in un’atmosfera cupa e allucinata ad esplosioni senza senso di avvenimenti slegati tra loro, assurdamente affastellati. Nella folle seconda parte si assiste ad una progressione degna di Bunuel, cui forse Aronofsky si è ispirato.
Il film è sicuramente spiazzante anche perchè il regista si diverte a cambiare le carte in tavola forzando la logica, seguendo ossessivamente con la macchina da presa la protagonista con immagini sempre più devastanti e disturbanti nella spasmodica convinzione che più si stupisce meglio è. Quando lo stupore scade nella gratuità però siamo su un campo diverso. Quando l’intento dichiarato è molestare il pubblico la valutazione cambia.
La situazione di ansia claustrofobica da incubo si scioglie in una sagra della provocazione scarsamente riuscito. Calligrafico? Manierista? Più che altro incomprensibile per il grande pubblico. Spesso questo non è un difetto. Lo diventa quando si decide di buttare tutto dentro a casa, con il solo spirito di provocare, ma senza una vera idea narrativa.