L’australiano. L’urlo della follia

Il nostro parere

L’Australiano (1978) UK di Jerzy Skolimovski

Siamo in un villaggio del Devon, su un campo di cricket gli abitanti del paese giocano contro gli ammalati di un reparto psichiatrico. Uno di loro, Charles, apparentemente normale, racconta di aver avuto il potere di uccidere le persone, grazie ad un urlo appreso da uno sciamano aborigeno. Nel più classico dei flashback sappiamo di come Charles sia penetrato nella famiglia di Anthony fino a soggiogarlo completamente, rendendo schiava sessuale la moglie e impaurendo il povero ometto con il terrore di essere ucciso dall’urlo ancestrale.

Alan Bates, protagonista, da un’inquietante fisicità al personaggio imprimendo una forte carica sessuale, una carnalità unita ad un magnetismo animale che domina il desiderio represso della donna, l’insoddisfazione interiore della coppia borghese minata dal tradimento che l’uomo consuma con una donna del villaggio da tempo. Il timido John Hurt subisce con paura il personaggio, incapace di sfuggire al suo fascino, terrorizzato dal suo potere.

Skolimovski ha creato un film di atmosfera proponendo ambienti angusti, claustrofobici che racchiudono il personaggio di Charles. All’aperto, invece, può scatenare la sua furia. La follia diventa lo specchio dell’esaltazione, della sopraffazione dell’uomo sul suo simile. L’aspetto magico è il tessuto su cui si innestano i serrati scontri filosofici, i momenti disvelanti l’infelicità.

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