La ruota delle meraviglie (2017) USA di Woody Allen
Coney Island anni 50. Ginny, ex attrice che lavora come cameriera, e suo marito Humpty, manovratore di giostre, ricevono la visita della figlia di lui, Carolina, in cerca di un posto nel quale nascondersi per sfuggire a un gruppo di malviventi. Ginny ha una relazione con Mickey, un giovane bagnino che si innamora, però, di Carolina.
Allen centra una nuova pellicola su un personaggio femminile potente e prismatico, affidandosi ad un’altra grandissima attrice come Kate Winslet, trasformandola in un’icona drammatica che richiama la tragedia greca per il suo impasto di sentimenti immensi e letali. Poi si appoggia alla fotografia di Vittorio Storaro che sottolinea i passaggi umorali della protagonista mutando le tonalità e l’impasto dei colori. Infine struttura una sceneggiatura di impianto teatrale solida con un paio di monologhi e momenti di alto spessore.
Questi straordinari aspetti non riescono a trasformare un buon film in un capolavoro, forse perchè la teatralità risente del passaggio sul grande schermo, forse perchè manca una reale ispirazione al regista.
Il ritratto di Ginny si unisce però alla galleria di personaggi femminili che Allen ha creato nella sua vita, l’ultima delle quali è la Jeanette della Blanchett in Blue Jasmine. Eppure Ginny sembra l’evoluzione di Cecilia, la dolce cameriera de La rosa purpurea del Cairo. Sembra lei, ma invecchiata, incattivita, disillusa per quanto ancora nel proprio fondo romantica e sognatrice. Anche Ginny trova la sua valvola di sfogo al cinema, ma il sogno non le è più sufficiente per dimenticare quello che ha gettato, ciò che è diventata. La rabbia e il rancore covato contro il mondo per tanti anni trova riparo nella bottiglia oppure nel risentimento verso chi le appare felice, al punto di compiere gesti terribili pur di salvare l’immagine di se stessa che vorrebbe mantenere.
Cecilia perde tutto ma si lascia cullare dall’immagine cinematografica. L’83enne regista non dà più speranze alla donna e Ginny, la nuova Cecilia, è condannata a pagare per sempre il peso dei propri errori. Non perchè ha sensi di colpa, ma perchè non ha più nulla da sognare.