La ragazza del treno (2016) USA di Tate Taylor
Rachel è alcolizzata, sola e disperata. Ogni giorno dal treno vede una donna e la immagina felice come lei non è. Il marito l’ha lasciata per un’altra ed ora ha solo sensi di colpa perché quando beve compie gesti sconsiderati. Quando scopre, o crede di scoprire, che la donna che guarda ha tradito il marito crolla tutto. Beve ancora disperatamente. Quando si riprende è piena di sangue e la donna che ammirava da lontano è scomparsa.
Un buono spunto non è sinonimo di grande qualità, soprattutto se il regista batte strade fin troppo note, se effettua le scelte più scontate per raggiungere un risultato che diventa via via definito. Il colpo di scena sarebbe davvero tale se non fosse svelato in modo inconsistente, senza congruità con l’intera storia, al punto da minare la credibilità dei personaggi.
Taylor è efficace nel dare il taglio confuso dell’inizio, espressionisticamente riferito allo stato emozionale della protagonista, ma la vicenda è troppo costruita in funzione del finale e perde di vista il quadro psicologico generale. La resa fotografica resta elevata fino alla fine, ma il buonismo ipocrita scelto come registro rovina un po’ tutto.