La leggenda di Tarzan. Lianismi

Il nostro parere

La leggenda di Tarzan (2016) UK di David Yates

Londra, fine ottocento vittoriana. Al numero 10 di Downing Street un uomo beve il suo tè, mentre il gabinetto di Sua Maestà e il Primo Ministro gli spiegano di una missione in Congo. L’uomo è John Clayton III, quinto Conte di Greystoke e membro della Camera dei Lord, ma non è lì per questo: è lì perché un tempo era Tarzan, e in quella giungla del Congo ci ha passato infanzia e adolescenza.
La Leggenda di Tarzan inizia lì dove il mito finisce e ci mostra John Clayton all’interno di un ambiente molto lontano dalla giungla in cui siamo abituati ad immaginarlo: la sua vita ora è nel castello dei Greystoke insieme a Jane ed è fatta di eleganti vestiti e pregiatissime carrozze. Ci vorrà un viaggio di ritorno nel Congo, insieme all’amico George Washington Williams, per ritrovare la sua vera natura e il suo posto nel mondo.

Film programmaticamente corretto e altezzoso. Tarzan è musone, intristito dalla vita di corte e pervaso dal mal d’Africa. I gorilla sono violenti ma hanno un cuore tenero e giusto mentre l’uomo alberga in sè sentimenti vieti e crudeli. Volando di liana in liana con agilità da Spiderman (gli effetti speciali sono un tantinello esagerati), Tarzan sconfigge i cattivoni e vive senza adeguati servizi igienici con la bella Jane. Ma chissenefrega: l’importante è l’ambiente. Lo spettatore ha solo una timida domanda da porre alla fine della visione. Il Tarzan di Weissmuller era naif ma tanto carino. Era proprio necessario un nuovo film su Tarzan?

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