La casa dei libri

Il nostro parere

La casa dei libri (2017) UK/SPA di Isabel Coixet


Florence Green, vedova dallo spirito libero, rischia tutte le proprie sicurezze per aprire una libreria nella sonnolenta località balneare di Hardborough, in Inghilterra, ma questa piccola novità anima rapidamente la cattiveria dei concittadini.


L’adattamento del romanzo di Penelope Fitzgerald, finalista al Booker Prize, da parte della sceneggiatrice e regista spagnola Isabel Coixet non è la sua prima produzione in lingua inglese. In effetti, è la sua quarta in cinque anni. Forse la colpa del particolare mix di accenti regionali di Hardborough, provenienti da diverse parti delle isole britanniche, è da attribuire all’eterogeneità degli attori internazionali. Clarkson, alla sua terza collaborazione con Coixet, interpreta la signora Gamart. Tuttavia, il suo accento, come il film stesso, non riesce a trovare una solida base, conferendo al tutto un’atmosfera quasi allegorica, ma curiosamente priva di un impegno nei dettagli dialettali nonostante il focus sulle strutture di classe.

La casa dei libri è ricco di dettagli nostalgici del periodo, rappresentando un’epoca di tè, cardigan e stufe a paraffina; una vita fatta di lunghe passeggiate e serate trascorse in poltrona. Una serena ripresa della vita costiera (con l’Irlanda del Nord che funge da Norfolk) mostra una barca con il nome “Grace”, perfetta parola d’ordine per l’approccio tranquillo di Coixet al materiale di Fitzgerald, che raramente si riscalda, preferendo conversazioni educate ma cariche di intenzioni passive-aggressive.

C’è una rivoluzione in atto, ma certamente non a Hardborough o in The Bookshop. Florence porta un intero mondo di sentimenti e idee nuove nella sua piccola città, e la sua storia rivela la tirannia che si nasconde dietro l’idillio inglese: pettegolezzi e buone maniere soffocano il cambiamento e mantengono le strutture sociali. Questo conflitto si riflette nella posizione di Coixet, ma alla fine il film risulta insoddisfacente; uno spirito risoluto e ribelle è relegato ai margini, appena percepibile sotto un esterno forse troppo avvolgente – un fuoco ardente, chiuso e mitigato da un aspetto accogliente e stuzzicante.

 

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