Knight of cups (2015) USA di Terence Malick
Rick è uno sceneggiatore di successo a Hollywood. Vive tra Los Angeles e Las Vegas, alla ricerca di amore e di se stesso. Nella vita privata è invece un uomo tormentato: ha perso un fratello e della morte di quest’ultimo si sente responsabile, ha alle spalle un matrimonio fallito e non sa cosa fare della sua vita. Nella vita di Rick si susseguono donne, eventi, flashback della sua infanzia in un flusso continuo, flusso che Rick non riesce a domare. Ogni episodio della vita di Rick è associato a una particolare carta dei Tarocchi: La Torre, L’Eremita, L’appeso, La Morte e così via, che indicano una possibile lettura degli eventi. In tutto e per tutto Rick sembra assomigliare al protagonista di una favola che il padre gli raccontava quando era piccolo: un principe, figlio del re dell’Oriente, partiva verso Ovest in cerca di una perla; giunto a destinazione il principe bevve dalla coppa dell’oblio e si dimenticò chi era e il motivo del suo viaggio cadendo in un sonno profondo. Proprio come questo principe, Rick sembra non riuscire a ricordarsi chi è, la perla, il senso della sua vita, gli sfugge di continuo e a nulla vale cercare questo significato profondo nelle donne che incontra e che lo amano. Forse, come il padre stesso gli dice, Rick è destinato a rimanere un pellegrino errante su questa terra, senza trovare mai il suo posto nel mondo.
Malick ha sfiorato il genio in diversi film. Capolavori come La rabbia giovane, La sottile linea rossa, Tree of life resteranno nella storia. Stavolta ha sbagliato la mira. Cosa dire? Non c’è raccordo narrativo. Le immagini si susseguono quasi senza logica. Verrebbe la voglia di definirlo sperimentalismo, ma è inefficace. Troppe volte ci si sorprende a pensare che ripete le stesse identiche immagini di altre sue opere dove però non si rinunciava al senso, ad ogni logica narrativa. Il suo sguardo è invece perso in un flusso di coscienza che spesso porta alla noia.
Le immagini che propone affascinano ancora, ipnotizzano per momenti sempre più brevi perchè nella strozzatura della narrazione, nella sua ricerca assoluta dell’astrazione, il suo cinema si disperde, scompare fino ad essere impercettibile. Anche esteticamente bello, ma dannatamente prolisso.