Il silenzio grande (2021) ITA di Alessandro Gassman
Villa Primic, un tempo lussuosa dimora, ora scricchiolante magione che sembra uscita da un racconto di fantasmi, è stata messa in vendita. Una decisione dolorosa, presa dalla signora Primic, Rose, e condivisa a dai due eredi della fortuna dilapidata della famiglia, Massimiliano e Adele.
Dopo quattro anni, Alessandro Gasmann torna alla regia decidendo di girare un film che non lo vede accreditato anche come attore se non per una brevissima apparizione. L’origine teatrale del film, tratto da una piece di Maurizio De Giovanni pure sceneggiatore, è tradita fin dall’inizio con un taglio netto nelle riprese nonostante alcuni inserti onirici che sono tra le intuizioni migliori dell’opera. Gassman, innamorato del palscoscenico, non fa nulla per nascondere la fonte: l’impostazione degli attori, il movimenti in scena, la gestione spaziale degli interni, con luogo principe la biblioteca del protagonista, sono tutti elementi di derivazione teatrale manifesta.
Tuttavia, vi sono alcuni spunti interessanti nella polvere che, copiosa, si posa sui mobili, che invade la macchina da presa, aleggia tra i personaggi in questa casa senza un tempo preciso. Ci sono, infatti, riferimenti agli anni sessanta ma l’abbigliamento spesso ricorda anni precedenti. Vi sono riferimenti al rapporto padre-figli, al peso di portare un nome famoso che riecheggiano probabilmente le esperienze personali del regista.
Il finale riequilibra tutti i punti oscuri della trama, la programmatica ovvietà della definizione dei figli quasi rinchiusi in un clichè, ma è nel lavoro degli interpreti che si poggia l’intera opera, soprattutto sul protagonista Massimiliano Gallo (Eduardiano, si potrebbe dire) e su Marina Confalone, vera anima del film, che primeggia in quasi tutte le scene.