Il racconto dei racconti (2015) ITA di Matteo Garrone
Garrone sposa il fantastico imprimendo una svolta alla sua carriera? Apparentemente la risposta è sì poiché dall’ambientazione camorristica per Gomorra al femminicidio di Primo Amore, bisognerebbe dire che il regista romano ha scelto una storia ambientata nel millecinquecento abbandonando la cronaca. Invece, Garrone è perfettamente in linea con tutta la sua precedente filmografia perché da sempre è attratto dal morboso, dal diverso, dall’orrido che cambia a seconda dell’angolo di osservazione.
Come non trovare, infatti, grandi similitudini con la casa dell’Imbalsamatore, dal rapporto malato che instaura con i due giovani che ospita? Come non vedere che l’attrazione per il diverso, il mostruoso, è insito nel suo sguardo cinematografico? Come non constatare che gli interni del grande fratello di Reality rappresentano per il protagonista l’equivalente del sogno di potere, di ricchezza che alberga in più protagonisti di questo film?
Lo spunto è Lo cunto de li cunti, libro novellistico scritto nella prima metà del seicento da Gianbattista Basile. E qua si aprirebbe un parallelo con Pasolini che ha diretto il ben più famoso Decameron. Anche Garrone parla dei ragazzi di strada in Gomorra, come Pasolini cerca nell’intreccio delle novelle un senso alla propria estetica cinematografica, un punto di osservazione privilegiato dei sentimenti umani.
Lasciati da parte i riferimenti, si deve completare evidenziando l’estrema bravura del cast tecnico. Da applausi la scenografia (Dimitri Capuano e Alessia Anfuso), i costumi (Massimo Cantini Parrini) e la fotografia di Peter Suschitzky. Sono loro la vera ossatura del successo del film: meno convincente è la struttura narrativa, non sempre stabile, spesso disomogenea. Certamente, però, è da considerare in senso positivo il coraggio nel ricercare nuovi filoni, nuovi strumenti espressivi da parte di Garrone, mai seduto sui propri allori.
Salma Hayek? Mah. Vincent Cassel? Gigione