Il gusto delle cose

Il nostro parere

Il gusto delle cose (2023) FRA di Tran Anh Hung


La cuoca Eugenie e il suo capo Dodin si affezionano l’uno all’altra nell’arco di 20 anni e la loro storia d’amore dà vita a piatti che impressionano anche gli chef più illustri del mondo.

“Il gusto delle cose” di Tran Anh Hung è un’opera cinematografica raffinata e coinvolgente, che trasforma la preparazione di un pasto in una vera e propria poesia visiva. La scena di apertura, che si estende per 38 minuti, è un affascinante balletto culinario in cui ogni gesto è meticolosamente coreografato. Vediamo i protagonisti, Dodin Bouffant (Benoît Magimel) ed Eugénie (Juliette Binoche), accompagnati dalle loro giovani assistenti, muoversi con precisione e grazia all’interno di una grande cucina di campagna. La macchina da presa segue ogni movimento, passando dalla cottura delle verdure alla preparazione delle salse, senza mai interrompere il flusso di questa danza culinaria.

Questa lunga sequenza introduttiva non è solo una dimostrazione di abilità tecnica, ma un viaggio sensoriale che coinvolge lo spettatore in modo profondo, facendogli quasi percepire gli aromi e i sapori dei piatti preparati. L’attenzione ai dettagli è tale che ogni taglio di coltello, ogni sfrigolio sulla padella sembra rivelare qualcosa di più dei personaggi stessi. Il regista riesce a trasmettere la passione dei protagonisti per la cucina senza bisogno di parole; basta osservare i loro gesti e le loro espressioni per capire quanto siano immersi in ciò che fanno.

Ma “Il gusto delle cose” non è solo un film sul cibo. È anche una riflessione delicata sulle relazioni umane, in particolare quella tra Dodin ed Eugénie. Il loro rapporto è fatto di una complicità silenziosa, di un’intimità costruita nel tempo attraverso la condivisione della passione per la cucina. Nonostante il forte legame che li unisce, Eugénie rifiuta le proposte di matrimonio di Dodin, preferendo mantenere il loro equilibrio così com’è. C’è una bellezza struggente in questo rifiuto, che sembra derivare da una consapevolezza profonda di ciò che rende speciale la loro relazione: un rispetto reciproco e un’intesa che va al di là delle parole.

Le giovani assistenti, Violette e Pauline, aggiungono un ulteriore strato di profondità alla storia. Pauline, in particolare, emerge come un talento promettente, capace di riconoscere gli ingredienti solo dal gusto. La sua crescita sotto la guida di Dodin ed Eugénie simboleggia il passaggio di conoscenza e passione alle nuove generazioni, un atto di amore che si manifesta attraverso l’insegnamento e la cura.

La regia di Tran Anh Hung si distingue per la sua capacità di lasciare che la storia si sviluppi con naturalezza, senza forzature. Ogni scena è costruita con una calma rassicurante, dove il tempo sembra rallentare per permetterci di assaporare ogni momento. La fotografia di Jonathan Ricquebourg e la scenografia di Toma Baqueni arricchiscono ulteriormente l’esperienza visiva, ricreando un’atmosfera autentica in cui la cucina diventa il vero cuore pulsante della narrazione.

“Il gusto delle cose” è, in definitiva, un film che parla dell’arte di cucinare come metafora della vita e dell’amore. Non si tratta solo di preparare un pasto, ma di prendersi cura l’uno dell’altro attraverso piccoli gesti quotidiani. È una celebrazione della dedizione e del rispetto, dell’arte di fare qualcosa con passione e di condividerla con chi si ama. Guardare Dodin ed Eugénie cucinare insieme è come assistere a una danza intima e silenziosa, in cui ogni movimento racconta una storia di amore, rispetto e complicità. Una storia che, come i migliori piatti, non ha bisogno di parole per essere compresa fino in fondo.”

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