I bambini sanno (2015) ITA di Walter Veltroni
L’esordio alla regia di Veltroni ha avuto grande eco, se non altro per via della figura omaggiata nel suo documentario, ovvero Berlinguer. Ma il suo sforzo cinematografico era uguale a quello politico. In poche parole, ha raccontato in due ore ciò che poteva essere narrato in molto, molto meno. Il risultato non era una sorta di madeleine proustiana tramite il segretario dell’allora PCI, ma una noia abbastanza pronunciata dopo 30 minuti di visione. A parte i nostalgici che vivevano la proiezione in modo catartico, gli altri volevano vedere qualcosa di più.
Invece, il suo secondo film ha un valore aggiunto: i bambini che raccontano e riempiono il film con la loro naturalezza (forse questa frase McLuhan non la condividerebbe), la loro forza innata. Il risultato è una serie di interviste che alternano i toni amari ed i sorrisi, qualche lacrimuccia e uno spirito di identificazione quasi totale: come figli o come genitori che guardano i figli.
E’ molto bello, in particolare, il momento in cui i ragazzi usano la videocamera per riprendere la loro stanza. Dalla dimensione chiusa dell’intervista, il film si apre improvvisamente sul mondo, raccontandoci senza commenti l’esistenza di questi piccoli.
Per questo motivo I bambini sanno è bello al di là del fatto che forse, come qualcuno ha fatto notare, i bambini sembrano scelti secondo criteri politicamente corretti, alla Veltroni insomma. Ogni tanto lui poi cerca di fare il furbo, mettendo una scena ruffiana e cinefila (la corsa finale ricorda troppo i 400 colpi e si capisce che è tutto, tranne che spontanea) ma proprio non ci riesce a rendere noioso i volti dei ragazzini che si alternano davanti alla sua telecamera.
Nonostante questo, non si riesce a non cadere nella trappola del sentimento e dare ragione al regista. I bambini sanno anche troppo, e sanno rendere il cinema più bello.