Hostiles (2017) USA di Scott Cooper
Nel 1892, un capitano dell’esercito statunitense accompagna contro voglia un capo Cheyenne e la sua famiglia nella loro riserva. La comitiva raccoglie Rosalie che è sopravvissuta all’attacco dei Comanche ma ha perso i tre figli e il marito nello scontro. Insieme devono affrontare un duro viaggio per portare il capo Falco Giallo alla morte che lo attende per cancro.
Un mondo violento e snaturato ci attende. Un luogo di frontiera dove l’umanità viene seppellita, dove la morte e la sopraffazione hanno la meglio. Parlano solo le pistole, i coltelli per tutti. L’unica regola è non avere pietà. Non ce l’hanno i comanche che uccidono e depredano, non ce l’hanno i soldati che ammazzano senza pietà chiunque e schiavizzano inermi civili indiani, non ce l’hanno gli uomini bianchi pronti a stuprare e a picchiare solo per il proprio piacere, senza alcun riguardo per il dolore.
Questo è Hostiles. Cooper rappresenta una nazione di frontiera che somiglia fin troppo all’America di oggi dove il diverso viene colpito e umiliato. La striscia di sangue non si interrompe mai. E’ solo un susseguirsi di lutti, di sepolture, di assassini. L’unica soluzione, finchè resta un barlume di coscienza, è fuggire da questa catastrofe rifugiandosi in un sogno di famiglia, di pace che probabilmente neppure esiste. Vale la pena provarci, però.
Il regista contrappone un paesaggio immenso alla claustrofobica socialità dei protagonisti, soverchiati dal rimorso e dal peso degli atti compiuti. L’afflato epico è talvolta soffocato da una retorica un po’ programmatica per essere sempre convincente. La qualità dell’immagine e della messa in scena resta di buonissimo livello anche se i contenuti si perdono in un mare di violenza.