Freaks out – Diverso è bello

Il nostro parere

Freaks out (2021) ITA di Gabriele Mainetti

Nella Roma del 1943, quattro amici lavorano in un circo gestito da Israel, che sparisce nel nulla. Senza il loro capo a guidarli, Matilde, Cencio, Fulvio e Mario si sentono abbandonati e cercano una via di fuga dalla città occupata dai nazisti.

A sei anni di distanza dal suo esordio Mainetti ci riprova con una pellicola pop che cerca di sposare il lato fantasy, già presente in Lo chiamavano Jeeg Robot, con una serie di citazioni e riferimenti al cinema italiano e mondiale. Si tratta di un’operazione coraggiosa perchè anomala nella nostra produzione.

Senza autorialismi e con stile personale e immaginifico l’autore usa la storia come ha fatto Tarantino, rivedendola a proprio uso e consumo, intrecciandola con la visione di Browning (non a caso il riferimento del titolo) sui diversi che qua abbondano poichè non sono solo gli eroi, ma anche gli antagonisti e gli aiutanti i “mostri” del film. Pensiamo solo alla banda di partigiani che mettono insieme mutilati e deformi in una improbabile rivincita degli emarginati.

Si passa quindi dal contesto di Roma città aperta alle mescolanze musicali già viste in opere come Marie Antoinette e, più recentemente in Miss Marx, dove la musica moderna e rock viene inserita nella trama pur essendo anacronistica. Il tutto è condito da un’estetica molto forte e da un’ambizione smisurata nell’uso del colore e degli effetti speciali debitori dell’origine fumettistica dell’ispirazione.

Ammirevole negli intenti, il film presenta delle ingenuità narrative e delle forzature che ne indeboliscono la struttura generale ma al contempo permette a Mainetti di mostrare le sue indubbie qualità registiche. Già un film di questo genere è un mezzo miracolo nel nostro scombiccherato panorama, ma averlo fatto con una dignità espressiva di un certo spessore e con una visuale internazionale è ancora più lodevole.

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