El Alamein. La guerra romantica

Il nostro parere

El Alamein (1957) ITA di Guido Malatesta

Un film a sfondo bellico che cerca di recuperare la dignità perduta dell’esercito italiano mantenendo una vena romantica. Sergio, giovane benestante, si innamora di una cantante inglese, ma la chiamata alle armi interrompe l’idillio costringendo il ragazzo a partire per la guerra. Da allora il film si concentra quasi essenzialmente sulla figura del soldato, abbandonando la pista sentimentale di un amore contrastato sia dai genitori che dal capitano del reparto in cui Sergio milita.

Dopo il campo di addestramento, Sergio viene spostato sul fronte africano. Una parte della trama segue i caratteri dei diversi soldati sposando in pieno la figura retorica degli “italiani, brava gente” senza minimamente accennare al fascismo, a Mussolini che viene totalmente rimosso. Anzi, Malatesta si lancia in intemerate patriottiche decisamente ingenue e fuori tempo. Morto il capitano, Sergio diventa capo del reparto dove si distinguerà per eroismo e altruismo.

La struttura fragile del film è resa ancora più debole dallo scarso fascino dei due protagonisti Gabriele Tinti e Rossana Rory, anonimi e bolsi. Le figure di riferimento (utili, secondo la sceneggiatura, a spiegare la moralità della trama) sono pleonastiche ed enfatiche. C’è un po’ di curiosità nel sottobosco dei soldati, scelti con rigidi criteri geografici e aderenti ai più triti cliché, però ci sono Walter Santesso (il Paparazzo di Fellini), Livio Lorenzon (che fa, marchese: spinge?) ed il regista Nando Cicero. Ben girate le scene del combattimento finale.

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