E’ solo la fine del mondo (2016) CAN di Xavier Dolan
Louis è uno scrittore. Louis sta morendo. Louis torna dalla famiglia dopo 12 anni in cui, sostanzialmente, ha interrotto ogni rapporto. Ritorna per comunicare la sua imminente morte ma appena arrivato scopre che la sua assenza ha determinato una serie di cose: il fratello maggiore ha sviluppato una gelosia tormentata verso di lui, la sorella minore è cresciuta nell’attesa di essere chiamata da lui, perennemente appesa ad un modello irraggiungibile che lui ha rappresentato. In realtà Louis è confuso, svuotato, smarrito e non sa come dire la verità, devastato dai rapporti tesi che gli si srotolano davanti agli occhi. Solo la cognata capisce la verità ma non dice nulla, in una sorta di solidarietà comprensiva verso l’uomo. Louis si trova alieno alla famiglia, distante ma travolto dai sentimenti di ognuno dei suoi congiunti. Mentre cerca di svelare la tremenda verità, deve riflettere sulla sua vita.
Dolan aggiunge un altro tassello nella sua cinematografia volta verso l’impossibile conciliazione dei “diversi” con la realtà. Anche Louis, come i precedenti suoi personaggi (Laurence, Tom….) fanno i conti con la propria omosessualità che li ha spinti a voltare le spalle al passato, nonostante il dolore che si prova, il dolore che si dà, il senso di estraniamento che si avverte. Louis ha scelto di lasciare la famiglia per provare ad essere libero ed ora che sta morendo si accorge che non è libero, perché la famiglia, pur essendogli ormai estranea, lo avvolge, lo annienta.
Il senso di solitudine dei personaggi di Dolan è straziante. Non hanno mai un luogo che riconoscano come proprio, vivono sempre nell’angoscia dell’essere riconosciuti, accettati. L’accettazione non è, banalmente, legata solo all’omosessualità, ma alla scelta che questi caratteri hanno dovuto compiere per superare le frustrazioni, la disperazione connesse alla loro scelta.
Tratto da una piece teatrale di Jean-Luc Lagarce (è morto di Aids nel ’95), E’ solo la fine del mondo è un melodramma intenso, costruito su primi e primissimi piani, un’esplosione di violenza verbale che fa a pezzi una famiglia, costruita sui rancori e sui desideri mai espressi. Gli interpreti sono tutti, giustamente, sopra le righe, intrisi dell’angosciante e ansiotica situazione, forniscono una prova superba.
Il cinema di Dolan è ancora, forse, acerbo e concentrato su un universo limitato (ma non così per tutti i registi?), ma è vivo e provocante. Ogni sua opera resta nella memoria, i suoi personaggi portano dentro un immenso dolore e non sanno narrarlo agli altri. Si consumano. E tutto questo esplode nello schermo e non lascia mai indifferenti.