Caracas (2024) ITA di Marco D’Amore
Un noto scrittore napoletano ritorna a casa dopo una lunga assenza e incontra un uomo conosciuto come Caracas che, lasciatosi alle spalle il suo passato da skinhead neofascista, si sta convertendo all’Islam. Il tempo e gli avvenimenti si confondono.
A due anni di distanza da Nostalgia di Mario Martone, viene nuovamente adattato per lo schermo cinematografico un romanzo di Ermanno Rea. “Caracas” inizia e finisce con le parole emblematiche di Toni Servillo: “A volte è meglio non sapere le cose.” Questo monito ci invita a mantenere una mente aperta verso le novità quotidiane. Tuttavia, il cinema di Marco D’Amore manca di quel senso di meraviglia, cercando costantemente di mostrare la sua familiarità con l’ambiente, indipendentemente dalle deviazioni narrative. Il film si sforza di essere molte cose ma non riesce nell’intento, perdendo nella confusione il nucleo pulsante e attuale della storia.
Rispetto alla versione scritta, i personaggi sono stati ringiovaniti per essere interpretati dal quarantenne Marco D’Amore e dal sessantenne Toni Servillo, mentre la fragile Yasmina, sempre sull’orlo dell’abisso, prende vita grazie all’attrice franco-tunisina Lina Camélia Lumbroso. Il film gioca, almeno all’inizio, sulla profonda distanza di valori e comportamenti tra l’islamico anti-yankee che cerca la Luce divina e l’ateo marxista che desidera solo “l’odore del mare”, per poi far convergere le loro vite tormentate durante peregrinazioni notturne in una città tanto splendida quanto terribile.
Purtroppo, la trama ambiziosa si disperde in uno stile eccessivamente ornamentale, con un andamento visionario che confonde lo spettatore più di quanto lo affascini.