Al lupo, al lupo (1992) ITA di Carlo Verdone
Vanni, Gregorio e Livia scoprono che il loro padre, famoso scultore e poeta, è scomparso. Le ricerche diventano un’occasione per superare finalmente le difficoltà del loro rapporto.
Verdone lavora di incastri per fornirci un ritratto degli anni novanta ricco di notazioni sulla mentalità di quegli anni ovvero i rave esagerati contrapposti al paludato mondo dei premi letterari. L’idea di dividere il peso del film su tre personaggi contrapposti e complementare è anch’essa azzeccata. Non altrettanto si può dire dell’equilibrio della sceneggiatura che troppo concede alla macchietta, e a cadute di stile che appesantiscono inutilmente il racconto.
Verdone ha potenzialità da ottimo regista se non fosse limitato dalla concentrazione sui propri personaggi, lasciando poco spazio a tutto quanto è intorno a lui. Non lo ha fatto molto in questa circostanza anche se è poco aiutato dalla Neri, decisamente ancora immatura ai tempi. Rubini se la cava, invece, creando un artista non privo di meschinità e talmente assorbito dall’arte da aver dimenticato cosa significa vivere.
Tutti questi spunti sono talvolta diluiti con trovate grossolane in cui se prevale l’aspetto grottesco, viene a mancare lo scavo psicologico tipici di una commedia di questo tipo. Eppure c’è un tratto sincero, uno sforzo autobiografico in cui si specchia il regista, l’attore e la persona.
Da segnalare la presenza di Barry Morse, star di Spazio 1999.