Back to black (2024) UK di Sam Taylor Johnson
La straordinaria storia della rapida ascesa al successo di Amy Winehouse e della realizzazione del suo rivoluzionario album, Back to Black raccontata dalla prospettiva della cantante: le canzoni, gli amori e la sua struggente esistenza.
“Back to Black” voleva un tributo alla genialità musicale di Amy Winehouse, ma si rivela un’opera deludente, superficiale e incapace di cogliere le complessità della sua vita travagliata. Il film dichiara di voler andare oltre l’immagine scandalistica alimentata dai tabloid, che si concentravano sulle relazioni caotiche, sull’atteggiamento ribelle e sulle dipendenze della cantante. Tuttavia, alla prova dei fatti, la sceneggiatura rimane intrappolata in questi stessi stereotipi, offrendo solo un ritratto superficiale e incompleto.
Nonostante i tentativi del regista di immergere il personaggio nei suoi ambienti più intimi – dalla casa paterna di origini ebraiche fino al suo appartamento a Camden – il film fallisce nel dare profondità alla dimensione drammatica della sua esistenza, spesso soffocata dalle scelte stilistiche che sembrano più un esercizio di stile che un vero tentativo di introspezione. L’affetto di Amy per la nonna Cynthia e la sua vulnerabilità appaiono più come espedienti narrativi che come elementi centrali di una vita segnata dal dolore e da una ricerca incessante di comprensione e accettazione.
Anche gli elementi estetici del film, come la fotografia di Polly Morgan e la cura nel riprodurre la moda anni 2000, pur belli da vedere, sono privi di sostanza e non aggiungono nulla di significativo al racconto. Mentre Amy guadagna fama, il trucco sempre più marcato e le acconciature sempre più voluminose dovrebbero rappresentare il suo desiderio di nascondersi al mondo, ma tutto resta una visione che non va oltre l’apparenza.