Green border

Il nostro parere

Green border (2023) POL di Agnieszka Holland


Le foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde”, tra Bielorussia e Polonia. Qui, si intrecciano le vite di una famiglia siriana, di una giovane guardia di frontiera e di un’attivista di recente formazione.


Green Border di Agnieszka Holland è un film che ha suscitato forti reazioni politiche in Polonia, soprattutto per il suo tempismo: uscito poco dopo la sua premiazione alla Mostra del Cinema di Venezia e in prossimità delle elezioni politiche di ottobre 2023. La pellicola, che affronta la crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia, è stata subito tacciata dalle alte cariche dello Stato come “propaganda anti-patriottica” e paragonata persino alla propaganda nazista di Goebbels e Riefenstahl. Tuttavia, chi ha visto il film riconosce che si tratta di tutt’altro: un’opera complessa che esplora le molteplici sfaccettature di una crisi umanitaria attraverso una lente umana e non ideologica.

Girato in rigoroso bianco e nero, Green Border ci trasporta nel 2021, in un momento critico per l’Europa dell’Est. Il presidente bielorusso Lukashenko, con il tacito appoggio di Putin, inizia a deviare flussi di migranti provenienti da Siria e Afghanistan verso la frontiera polacca, con l’intento di destabilizzare l’Unione Europea. Holland segue una piccola comunità di rifugiati, guidati dai trafficanti fino al confine polacco, per poi essere respinti dalle guardie di frontiera in una sorta di gioco del gatto e del topo. Le scene di violenza e respingimenti, riprese con uno stile crudo e documentaristico, lasciano poco spazio all’immaginazione e catturano la brutalità del conflitto.

Uno degli aspetti più interessanti del film è la sua capacità di non limitarsi a rappresentare i migranti come vittime passive, ma di esplorare anche le storie personali di coloro che fanno parte dell’apparato repressivo, in particolare i poliziotti polacchi. Attraverso le loro vicende, Holland dipinge un quadro fatto di conflitti interni, tensioni familiari e crescente uso di alcol, rivelando come anche i cosiddetti “carnefici” siano spesso vittime di dinamiche più grandi di loro.

Il film rallenta un po’ nella sua parte centrale, quando si sofferma sulle scene di respingimento alla frontiera, rischiando di sembrare ripetitivo. Tuttavia, la narrazione si riprende quando sposta l’attenzione sugli attivisti polacchi, gruppi di cittadini che, sfidando le leggi e rischiando la propria sicurezza, tentano di aiutare i migranti. Questo aggiunge una nuova dimensione alla storia, mostrando come la solidarietà e la resistenza civile siano possibili anche nelle situazioni più disperate.

Green Border si distingue per la sua capacità di evitare stereotipi semplicistici. Holland non si limita a rappresentare buoni contro cattivi, ma offre una visione multilivello in cui ogni personaggio è umano, con tutte le sue contraddizioni. Il film ci ricorda che, dietro ogni grande crisi, ci sono individui con storie personali complesse, e che la lotta per la sopravvivenza non conosce confini netti tra “vittime” e “carnefici”.

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