Kinds of kindness

Il nostro parere

Kinds of kindness (2024) USA di Yorgos Lanthimos


Tre storie ruotano attorno a un uomo che cerca di prendere il controllo della propria vita, a un poliziotto la cui moglie sembra un’altra persona e a una donna che cerca una persona con una capacità speciale.


In “Poor Things”, Emma Stone ha offerto una performance folgorante nel ruolo di Bella Baxter, una sorta di creatura alla Frankenstein, riportata in vita grazie al cervello del feto che portava in grembo. Con “Kinds of Kindness” (2024), Lanthimos ci immerge in un’opera ancora più inquietante, dove i personaggi femminili si trovano ad essere cavie di esperimenti scientifici e sociali molto più oscuri. In questo film gelido e disturbante, il concetto di amore e altruismo prende una piega inquietante, trasformandosi in una forma di narcisismo e abuso psicologico.

Il film è diviso in tre atti, e Stone, insieme ai suoi co-protagonisti principali – Willem Dafoe, Jesse Plemons, Margaret Qualley e Hong Chau – interpreta un personaggio diverso in ciascuna parte. Nella prima, incarna Rita, una giovane donna sotto il controllo di Raymond (Dafoe), un magnate corporativo che manipola con gelida precisione ogni aspetto della vita del suo dipendente, Robert (Plemons). Quando Robert fallisce nel provocare un incidente automobilistico come ordinato, sarà proprio Rita a prendere in mano la situazione, completando l’oscuro compito. Nella seconda parte, Stone è una biologa marina che scompare misteriosamente in mare, e il marito (sempre Plemons) crede che sia stata sostituita da una copia quasi perfetta. In una scena assurda, il marito chiede alla presunta impostora di dargli il proprio dito da mangiare; dopo che lei acconsente, le ordina di consegnargli il fegato, trovandola poi morta, con lo stomaco squarciato e il suo organo sparso sul pavimento.

L’ultimo atto vede Stone nei panni di una giovane donna che abbandona la propria famiglia e si unisce a un culto, dove incontra un altro membro (ancora Plemons) in cerca di una misteriosa figura capace di resuscitare i morti. Durante l’intera pellicola, i personaggi subordinati – specialmente Plemons e, in minor misura, Stone – vivono in una costante tensione tra la paura e il desiderio di essere dominati, in una ricerca disperata di sollievo dall’onere del libero arbitrio e dal dubbio. In questo senso, l’interazione tra Dafoe e Plemons rappresenta un brillante gioco di potere tra carnefice e vittima, dove il primo incarna diverse varianti di leader sadici, dall’oppressivo magnate a un carismatico capo di setta. Dafoe si distingue con una presenza ipnotica, grazie anche a un trucco pesante che evidenzia i suoi occhi folli, mentre Plemons è struggente nel ruolo di un uomo troppo dipendente dall’approvazione altrui per riuscire a rompere le catene che lo imprigionano.

Cervelli lavati, mutilazioni, omicidi e sacrifici non sono esattamente il materiale ideale per una commedia, ma Lanthimos riesce a trasformare tutto ciò in un gioco perverso, raccontando storie intrecciate che esplorano l’amore tirannico e le varie forme di schiavitù emotiva. Le situazioni assurde e i dettagli bizzarri mantengono il film lontano da ogni parvenza di realismo, donandogli un’atmosfera surreale.

Il lavoro del direttore della fotografia Robbie Ryan, già al fianco di Lanthimos in “Poor Things” e “La Favorita” (2018), è impeccabile: immagini limpide, inquietanti nella loro eleganza, accompagnate da una colonna sonora angosciosa firmata da Jerskin Fendrix. Tuttavia, alcune delle riflessioni del regista, come l’idea che l’uomo si comporti peggio delle bestie, appaiono fin troppo ovvie. Nonostante ciò, “Kinds of Kindness” rimane un’opera profondamente seria nel suo messaggio: la gentilezza, apparentemente innocua, può diventare una forza crudele e deviante in una società decadente che ha smarrito la bussola morale.

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