Ragazzaccio (2022) ITA di Paolo Ruffini
Mattia è un adolescente insofferente alle regole, frequenta il liceo classico ed è tormentato continuamente dall’incubo della bocciatura, un incubo quasi più pesante del Covid che sta per prendere piede.
Paolo Ruffini ha il merito di scegliere storie che trattano problemi oggettivi, con un’attenzione specifica verso i diversi che siano ragazzi down, oppure (come in questo caso) adolescenti irrisolti che finiscono per essere bulli. Lo fa contestualizzando il periodo che i giovani hanno vissuto durante il lockdown mettendo in evidenza un altro aspetto significativo, ovvero le famiglie disattente, slegate che oggi combattono con i problemi della quotidianità e l’uso dei social perdendo di vista i valori.
Detto così suona un po’ moralistico ed in effetti è un po’ così. La struttura semplice e i personaggi un po’ irrisolti nonchè legati ad idealtipi che poco si trovano nella realtà con queste modalità, portano alla conclusione forzatamente conciliatoria in cui lo slogan (andrà tutto bene) suono abbastanza falso mentre osserviamo la realtà quotidiana del post covid.
Gli adolescenti sono divisi in categorie nette, tranne il protagonista ovvio, e si è risparmiato su tutto puntando solo sul contesto familiare lasciando sullo sfondo i genitori che sono affidati esclusivamente all’espressività di Ghini e Impacciatore. Ma di loro si capisce assai poco, tutto è concentrato sulla stanza del ragazzo. Scelta stilistica? Certo, ma a questo è stato sacrificato qualunque approfondimento.
Siamo comunque nel terreno del buon gusto, della visione complessiva della società purtroppo con un testo infarcito di luoghi comuni. Tuttavia, Ruffini ha l’onestà di proporre un cinema che porta un messaggio e rifiuta la banalità. Ed è apprezzabile.