1917 (2019) USA di Sam Mendes
Due giovani soldati britannici affrontano i momenti più crudeli della Prima Guerra Mondiale quando intraprendono una pericolosa missione per salvare 1.600 uomini da morte certa.
Il virtuosismo può essere una trappola mortale quando all’idea si sacrifica la narrazione. Mendes sceglie questa strada per rappresentare un episodio della prima guerra mondiale, girando in un finto piano sequenza per due ore l’impresa di un caporale che, da solo, riesce a salvare i propri commilitoni da un attacco insensato. Utilizzando la macchina a mano e dando un respiro ampio e armonico a molte scene, l’autore ha omaggiato il proprio nonno, militare durante l’evento bellico. Lo fa egregiamente senza cadere nella retorica ma con un ritmo incalzante, una costante tensione che riempie il film in ogni istante.
Un finto piano sequenza perchè il montaggio non avviene per effetto della contrapposizione dei frame, ma attraverso immagini di passaggio, ovvero istanti in cui è ripreso qualcosa che fa da filtro (un muro per esempio che divide uno spazio) come insegnava l’Hitchcock di Nodo alla gola (per i cinefili più accaniti).
La fa da padrone l’arditezza stilistica di Roger Deakins, geniale direttore della fotografia che riesce a dare luci e colori diversi nel corso dei molteplici eventi che il protagonista si trova ad affrontare. A molti non è piaciuto l’impostazione per via della mancanza di uno sguardo complessivo sulla guerra, raffigurata quasi come un videogioco dove i personaggi devono affrontare prove sempre più difficoltose per raggiungere il proprio obiettivo. L’osservazione è senz’altro vera, ma non si può sminuire la bellezza delle immagini, la forza del montaggio e alcune scene di grande efficacia che servono a rendere in modo realistico il fronte di guerra.