Spectre. Bond n. 24

Il nostro parere

Spectre (2015) UK di Sam Mendes
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L’ennesimo episodio della saga di James Bond dovrebbe anche essere il passo d’addio di Daniel Craig e di Sam Mendes alla serie. Il primo ha superato molti dubbi fornendo un Bond innovativo e personale. Smessi gli abiti di classico sciupafemmine, è diventato un personaggio tormentato, con un passato oscuro e doloroso, con troppe croci sul cuore e nella mente. Mendes ha, invece, creato storie più introspettive, usando sempre location affascinanti e particolari, ma giocando con le ambientazioni per dare ritmo alla pellicola, piuttosto che farle diventare dei luna park degli effetti speciali. Si è persa parte dell’ironia tipica dei precedenti episodi per seguire la moda dell’eroe bello e dannato. Si è persa in parte l’ironia per lasciare spazio all’azione. Per la prima volta, forse, al centro della scena sta il regista e non l’agente segreto.

Infatti, all’inizio il regista propone un piano sequenza di oltre cinque minuti davvero notevole sia per la perizia tecnica che per la capacità di introdurre diversamente il personaggio di Bond e il contesto in cui si muove. Con questo pezzo di bravura anche un neofita di Bond apprende le informazioni indispensabili per inquadrarlo; una specie di bigino di 007 che lustra l’occhio dello spettatore.

Dopo di che si ritorna alla classica formula con un cattivo che ha dell’astio personale verso Bond. L’agente 007 fa i conti con il suo passato. Fino ad ora ce lo siamo immaginati come un ragazzone aristocratico dai bei modi capace di conquistare le donne, eccellendo nello studio e nello sport: un perfetto adone con una lingua tagliente e pronta per ogni circostanza. Invece, è un bambino infelice che ha forgiato lo spirito per resisterei ai terribili colpi della vita.

Proprio il cattivo è un elemento eccessivo in quanto si assume il compito di concludere la trilogia, dare un senso retrospettivo a tutti i personaggi femminili e non dell’ultima serie, chiudere una storia che attraversa diversi anni. Un compito troppo ambizioso che diventa forzato e fittizio. Tolto questo siamo di fronte ai virtuosismi di un autore che ha saputo innovare con gentilezza, lasciando la sua impronta su una serie fin troppo esausta. Tacciamo di Monica Bellucci.

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